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Mi chiamo Valentina Tartaglia, ho 37 anni ed ho un particolare compagno di vita da quando sono nata di nome Mr. Crohn. Lavoro in uno studio tecnico della mia città, Aprilia. Mi piace dipingere, la danza classica, sono sposata, sono mamma di una bambina di 10 anni e mi piace viaggiare e scrivere. Ritengo che i libri siano dei viaggi unici che si possono fare stando comodamente sdraiati, ora infatti mi sto cimentando in uno di questi viaggi, sto scrivendo un libro che aiuti a spiegare ai bambini la convivenza con la malattia cronica e sul come affrontare il percorso con la leggerezza che solo loro sanno avere e di cui ogni tanto anche gli adulti si dovrebbero ricordare.
Cinque anni fa ho iniziato la mia esperienza come blogger e attivista in favore di chi ha malattie croniche e proprio da qui è nato il mio “Sunflower Project”, un progetto nato per sensibilizzare e divulgare sulle malattie infiammatorie croniche intestinali. L’idea nasce dalle molteplici domande delle persone su come avessi fatto a superare le difficoltà. Da lì, la mia esigenza di informarmi, di aiutare gli altri, di cercare di sensibilizzare sul tema e la voglia di migliorare le cose hanno dato forma al mio progetto. Dalla voglia e dalla necessità di dare un volto e soprattutto una voce alle malattie invisibili e al silenzio che si nasconde dietro di loro.
Da qui dopo 5 anni di attivismo nasce la mia Associazione Sunflower Project MICI e Stomia, per rendere concreti dei progetti rimasti per troppo solamente su carta. Sono un’artista appassionata e proprio da qui nasce la mia decisione di avviare un progetto “di rinascita” per realizzare opere d’arte con i dispositivi medici. L’ho chiamato Phoenix, “fenice” perché penso che ognuno possa “risorgere” dalle proprie ceneri, proprio come dispositivo medico, molto spesso associato a qualcosa di negativo, viene rivisitato e prende nuova vita all’interno dell’opera, diventando una cosa unica e bellissima.
Nel mio percorso ho notato come spesso siamo noi donne a incontrare le maggiori difficoltà nell’accettare la nuova condizione: il nostro corpo cambia e mettiamo in discussione anche il nostro modo di apparire, di vestire, di rapportarci con il mondo esterno: per questo ho attivato anche una campagna di sensibilizzazione nei negozi di abbigliamento, per mettere a conoscenza anche i vari Brand, che i corpi sono molti e diversi e ognuno nasconde sotto i vestiti la propria storia.
A chi vive la mia stessa esperienza dico di non buttarsi giù: la vita è una e dobbiamo viverla adesso. Non abbiamo una seconda possibilità, quindi dobbiamo vivere al massimo. Non dobbiamo sentirci vittime della malattia: le difficoltà ci sono per tutti, per noi forse sono doppie, ma dobbiamo affrontarle. Vorrei ringraziare la mia famiglia; non sempre è facile e per quanto io sia positiva lo so bene, la prima stomia l’ha gestita interamente mio padre per un anno: non avevo il coraggio di guardarla, ma poi crescendo ho imparato, ho capito e ho fatto mio il concetto di “Vivi adesso”.
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